sabato 10 gennaio 2009

facebook un gruppo su ag fronzoni

Alcuni ex studenti di AG Fronzoni stanno raccogliendo documenti e testimonianze sull'attività svolta dal famoso designer, chi desidera può pubblicarli in questo gruppo su facebook
http://www.facebook.com/group.php?gid=59994483744

venerdì 9 gennaio 2009

Fontana Galleria La polena Genova


Fontana Galleria La polena Genova 1-28 OTTOBRE 1966 Con 36 lettere 7 numeri ed un foglio bianco AG Fronzoni crea un capolavoro della grafica internazionale, sintetizzando il pensiero di Fontana, riuscendo a conferire ad elementi apparentemente semplici come le lettere e numeri una capacità di definire spazi e messaggi, di comunicare al di là del contenuto della frase.La prima sensazione che si ha di fronte al lavoro di A G Fronzoni è che siamo in presenza di un maestro del minimalismo, di un preciso sostenitore del less is more, di un esperto illusionista che con saggezza riesce a dominare il naturale contrasto bianco nero, ipnotizzandoci con volute assenze e vertiginosi spazi monocromi. Credo invece che sia ben altro a rendere cosi speciale il lavoro di A G Fronzoni, è la ricerca della sintesi, di una raffinatezza sempre sostenuta dai suoi bianchi e neri da un rigore che ha sempre contraddistinto la sua vita, dalla convinzione che per comunicare un messaggio forte non ci sia bisogno di urlare ma che basta tagliare una frase in due verticalmente, scompaginare le righe di un teso che inizia sempre con la parola MOBILITAZIONE, suggerire visioni bisbigliando all'orecchio di chi osserva, forme che sempre ci appartengono, creando suggestioni tridimensionali in un mondo che per antonomasia e bidimensionale utilizzando quei semplici elementi che sono le lettere.I manifesti del 1976 per la MOBILITAZIONE DELLA CULTURA dove le parole cambiano dimensione assecondando una prospettiva, suggerendo un tumultuoso incedere che difficilmente si può arrestare, cosi facendo ha legato indissolubilmente il concetto della mobilitazione all'illusione suggerita del movimento.Un punto centrale è che A G Fronzoni viola sistematicamente la bidimensionalità del foglio a volte interpretando il movimento della pellicola cinematografica, altre inclinando piani astratti su cui depone i testi, altre ancora simulando i fori di un flauto, ponendo l'accento sul vuoto con cui si riesce a fare quella cosa impalpabile che è la musica.Siamo alla presenza di un maestro della progettualità che non si limita alla grafica ma si riversa con eguale lucidità e bravura nell'architettura, nel design e nell'allestimento.Chiari sono i suoi interventi architettonici come quello sull'isola di Capraia a Milano e Genova dove progetta la Galleria d'arte contemporanea di Palazzo Reale, la sede dell'istituto di storia e arte di palazzo Balbi.Con Genova A G Fronzoni ha avuto un rapporto intenso lavorando in collaborazione con le istituzioni culturali per esempio il Teatro del Falcone, per cui ha prodotto una serie di allestimenti e manifesti di insuperata limpidezza.Di tutti questi interventi mi colpiscono profondamente lo spirito d'innovazione l'atteggiamento di rigore e precisione che per molto tempo sono stati dimenticati e che solo ultimamente con l'avvento del "minimalismo si è avuto il coraggio di riscoprire.Cappellini ha rimesso in produzione SERIE 64, Viabizzuno ha messo in produzione LAMPADA QUADRA del 1962.Questi accadimenti che sembrano fortuiti e che sono invece figli di un uomo riservato e schivo hanno fatto si che lui se n'è parlato molto poco e come accade sempre appena una persona si concede di morire se ne fa un gran parlare come se tutti noi volessimo correre ai ripari pensando " ma come così all'improvviso, volevamo fare progetti, organizzare, domandargli, farci spiegare, sperare in nuovi progetti, invece è morto e non ci ha detto niente"
Marco Sinesi

Un poeta visivo in bianco e nero di Marco Belpoliti

A. G. Fronzoni , scomparso di recente a Milano, dove viveva dal 1945, è stato uno dei maggiori grafici italiani del dopoguerra. Personaggio singolare, nessuno o quasi conosce il suo nome di battesimo (quell´A. G. funziona quasi come un marchio), si differenzia dagli altri grandi grafici italiani, fino a farci sospettare che sia stato più un artista che un artigiano, un poeta visivo piuttosto che un comunicatore d´immagini. Partito dall´esperienza delle avanguardie artistiche e del Bauhaus, e dal razionalismo di un Albe Steiner, ha percorso negli anni sessanta una strada che lo avvicina all´arte concettuale. Chi ha visto anche solo una volta i suoi manifesti, non può averli dimenticati. Essenziali, rigorosi, sempre in bianco e nero, privilegiano lo spazio vuoto a svantaggio della comunicazione. Dedito a una poetica aniconica, fatta solo di testo, per annunciare la mostra di Lucio Fontana alla Galleria La Polena di Genova, nel 1966, Fronzoni dispone il nome dell'artista, il luogo e la data in verticale, quindi li taglia come in una delle celebri tele. Oppure svuota il foglio e scrive sui margini; a Pavia nel 1971, per una esposizione di ricerche interlinguistiche, le informazioni sull'iniziativa sono scritte in bianco sul bordo del rettangolo nero, al limite dell'illeggibile. A Venezia, per la Biennale del 1969, usa un cerchio nero che si sposta in alto e in basso, mutando dimensione e posizione a seconda delle iniziative. Maestro di minimalismo grafico, Fronzoni era nato a Pistoia nel 1923 e veniva, come quasi tutti i grafici della sua generazione, dalla tipografia e aveva partecipato all'avventura della poesia visiva negli anni sessanta. È stato maestro di molti, avendo insegnato a Urbino e a Monza. La didattica è stata parte integrante del suo lavoro, dato che il momento della comunicazione del proprio metodo visivo era per lui essenziale. Vestito rigorosamente di nero, formale, ma sempre appassionato, circondato dalla devozione degli allievi, Fronzoni non è mai venuto a patti con il sistema della comunicazione, cosa che non gli ha impedito di operare nell'ambito progettuale. La sistemazione della Galleria d'arte contemporanea a Palazzo Reale a Genova, il bellissimo Museo Walser ad Alagna Valsesia (che gli è valso il premio Zanotti Bianco), le scuderie pavesi del Collegio Cairoli sono fra i suoi innumerevoli progetti. Sia nella grafica come negli allestimenti, la sua prerogativa è stata quella di alternare i pieni e i vuoti, il bianco e il nero, privilegiando il valore tipografico delle lettere e delle parole, ma sempre per sottrazione, costringendo il lettore a uno sforzo, segno di una pedagogia dell'immagine davvero inconsueta. Da qualche anno il suo lavoro era al centro di un grande interesse in ambito internazionale, in particolare in Giappone, con pubblicazioni ed esposizioni che venivano a colmare il vuoto di attenzione dell'ultimo decennio, almeno in Italia. Come ha scritto Giorgio Fioravanti (in una recente storia della grafica italiana), Fronzoni «imprime dinamicità alla comunicazione sollecitando il lettore a interpretare soggettivamente il segno o la composizione tipografica e a fornire quindi un maggior impegno per la decodificazione del messaggio». Molte delle sue opere sono state imitate e, come capita ai maestri di quel mestiere quasi anonimo che è la grafica, i suoi lavori migliori fanno parte del patrimonio della nostra cultura visiva senza che il suo nome sia debitamente conosciuto.(da "La Stampa", 15 febbraio 2002)

Questo nuovo sa di vecchio di A. G. Fronzoni

"Negli anni del dopoguerra Luigi Einaudi scrisse un articolo sul "Corriere della Sera" nel quale indicava l'uso delle maiuscole come un limite, anzi una malattia degli italiani. Ebbene, malgrado il tempo passato, non sembra che siano guariti (...). Le scritte tutte maiuscole non hanno solo contenuto intimidatorio e antiquato, sono anche un errore: come hanno dimostrato con apposite ricerche gli studiosi di semantica, perdono circa il 15/20 per cento in termini di efficacia di comunicazione, perché essendo mono-tono, provocano una caduta percettiva. Scrivendo invece maiuscolo-minuscolo si conferisce un ritmo alla parola, che dal punto di vista della percezione visiva è la condizione migliore. E non è una scoperta di pochi giorni fa. Questi semplici errori compositivi sono l'ennesimo esempio della sottocultura del Paese(...)". "Uno dei simboli più interessanti, corretti e soprattutto ricchi di contenuti è il cerchio rosso su sfondo bianco della bandiera giapponese: il colore è calibrato, il significato profondo è di un'attualità impressionante, soprattutto se si pensa che è stato realizzato nell'anno Mille e non certo da un tecnico. È stata la geometria, una componente importante, non solo nell'architettura. Mi chiedo perché siano riusciti a farlo i giapponesi mille anni fa e non i nostri partiti oggi. Tutti i simboli presentati hanno inoltre un'altra caratteristica: sono simmetrici. Ma la simmetria appartiene al passato, mentre l'asimmetria è moderna, perché è dinamica, ed un punto fermo per il progettare contemporaneo. Quanto è stato fatto non solo non è moderno: è lo specchio di una società non avanzata". (da LCD, rassegna stampa, giugno 1994)

ag fronzoni

A G Fronzoni“Penso sia il compito di ognuno di noi portare la cultura non dove c’è già ma dove manca, in provincia, in periferia, ai più poveri, dove ci sono meno informazioni. La cultura di un paese si misura dalla cultura dall’ultimo uomo di quel paese, è la media che conta. Compito e dovere di ogni persona è di fare pubblicità alla cultura.”A G Fronzoni è nato a Pistoia nel 1923. Iniziò l’attività di grafico nel 1945 occupandosi di editoria e di disegno industriale. Fondò e diresse la rivista “Punta”, curò l’impaginazione di “Casabella” e vi collaborò come redattore. Realizzò numerosi progetti d’interni: l’allestimento della collezione Cavellini e della Galleria d’arte La Polena, il restauro di Palazzo Balbi Senarega, sede dell’istituto di storia dell’arte dell’Università di Genova e quello dell’orangerie di Palazzo Bianco, sede della galleria d’arte moderna, l’immagine coordinata della Biennale di Venezia e, sempre a Genova, la progettazione dell’immagine culturale “Arte e città”. Realizzò la serie di valigie “Forma zero” per Valextra ed i mobili “Serie ‘64”. Ricevette il premio Zanotti Bianco per l’allestimento del museo Walser ad Alagna. Partecipò a rassegne e mostre in Italia e all’estero conquistando ambiti riconoscimenti: Varsavia, Brno, Lipsia, Zagabria (Premio alla carriera 1992). Istituì la sua “scuola bottega”, unendo a lezioni di teoria la pratica del progetto, e formò una generazione di progettisti grafici qualificati e rigorosi che ebbe ed ha come riferimento imprescindibile l’etica e l’estetica esemplari della progettazione del Maestro.“Il senso più profondo del progettare non è tanto di costruire una casa, quanto quello di costruire noi stessi. Progettare la propria esistenza è un impegno che deve costituire la nostra principale preoccupazione: e questo impegno deve essere continuo e totale, non saltuario e relativo.”