venerdì 9 gennaio 2009

Un poeta visivo in bianco e nero di Marco Belpoliti

A. G. Fronzoni , scomparso di recente a Milano, dove viveva dal 1945, è stato uno dei maggiori grafici italiani del dopoguerra. Personaggio singolare, nessuno o quasi conosce il suo nome di battesimo (quell´A. G. funziona quasi come un marchio), si differenzia dagli altri grandi grafici italiani, fino a farci sospettare che sia stato più un artista che un artigiano, un poeta visivo piuttosto che un comunicatore d´immagini. Partito dall´esperienza delle avanguardie artistiche e del Bauhaus, e dal razionalismo di un Albe Steiner, ha percorso negli anni sessanta una strada che lo avvicina all´arte concettuale. Chi ha visto anche solo una volta i suoi manifesti, non può averli dimenticati. Essenziali, rigorosi, sempre in bianco e nero, privilegiano lo spazio vuoto a svantaggio della comunicazione. Dedito a una poetica aniconica, fatta solo di testo, per annunciare la mostra di Lucio Fontana alla Galleria La Polena di Genova, nel 1966, Fronzoni dispone il nome dell'artista, il luogo e la data in verticale, quindi li taglia come in una delle celebri tele. Oppure svuota il foglio e scrive sui margini; a Pavia nel 1971, per una esposizione di ricerche interlinguistiche, le informazioni sull'iniziativa sono scritte in bianco sul bordo del rettangolo nero, al limite dell'illeggibile. A Venezia, per la Biennale del 1969, usa un cerchio nero che si sposta in alto e in basso, mutando dimensione e posizione a seconda delle iniziative. Maestro di minimalismo grafico, Fronzoni era nato a Pistoia nel 1923 e veniva, come quasi tutti i grafici della sua generazione, dalla tipografia e aveva partecipato all'avventura della poesia visiva negli anni sessanta. È stato maestro di molti, avendo insegnato a Urbino e a Monza. La didattica è stata parte integrante del suo lavoro, dato che il momento della comunicazione del proprio metodo visivo era per lui essenziale. Vestito rigorosamente di nero, formale, ma sempre appassionato, circondato dalla devozione degli allievi, Fronzoni non è mai venuto a patti con il sistema della comunicazione, cosa che non gli ha impedito di operare nell'ambito progettuale. La sistemazione della Galleria d'arte contemporanea a Palazzo Reale a Genova, il bellissimo Museo Walser ad Alagna Valsesia (che gli è valso il premio Zanotti Bianco), le scuderie pavesi del Collegio Cairoli sono fra i suoi innumerevoli progetti. Sia nella grafica come negli allestimenti, la sua prerogativa è stata quella di alternare i pieni e i vuoti, il bianco e il nero, privilegiando il valore tipografico delle lettere e delle parole, ma sempre per sottrazione, costringendo il lettore a uno sforzo, segno di una pedagogia dell'immagine davvero inconsueta. Da qualche anno il suo lavoro era al centro di un grande interesse in ambito internazionale, in particolare in Giappone, con pubblicazioni ed esposizioni che venivano a colmare il vuoto di attenzione dell'ultimo decennio, almeno in Italia. Come ha scritto Giorgio Fioravanti (in una recente storia della grafica italiana), Fronzoni «imprime dinamicità alla comunicazione sollecitando il lettore a interpretare soggettivamente il segno o la composizione tipografica e a fornire quindi un maggior impegno per la decodificazione del messaggio». Molte delle sue opere sono state imitate e, come capita ai maestri di quel mestiere quasi anonimo che è la grafica, i suoi lavori migliori fanno parte del patrimonio della nostra cultura visiva senza che il suo nome sia debitamente conosciuto.(da "La Stampa", 15 febbraio 2002)

1 commento:

Alberto ha detto...

Sono stato suo allievo all'ISA di Monza (di cui fù co-fondatore)negli anni 80, un grande maestro di design come di vita, il più grande insegnamento che mi ha lasciato è che nella vita non vince il più grosso e forte ma il più determinato.
Quell'A.G. sta per Angelo Giuseppe ma non credo che ami essere chiamato angelo nemmeno ora che lo è davvero, era un tipo tosto Fronzoni!
Addio grande vecchio e non inquietarti se qualcuno ti definirà architetto...
Alberto Mornata